Garibaldi nel Piceno  di Pietro Pistelli


Il primo contatto di Garibaldi con le Marche si ebbe, quando il Generale, accompagnato dal fido Angelo Masina, capitano dei lancieri, si precipitò, a bordo della diligenza, a Roma. Infatti, i rivoluzionari romani nel 1848 lo invitarono nella città eterna per sostenere la causa libertaria, una volta che il papa Pio IX si era rifugiato nella fortezza di Gaeta. L’eroe stava con la sua legione a Ravenna pronto a marciare su Venezia per difendere la Repubblica di Manin.

Alla chiamata del governo provvisorio, dopo l’assassinio del primo ministro Pellegrino Rossi,Garibaldi non seppe resistere e a bordo della diligenza di linea Ferrara-Roma volle raggiungere la capitale prima della sua legione che lo avrebbe seguito di lì a poco. Il passaggio di Garibaldi per Pesaro e Fano, lungo la direttrice Adriatica fino ad Ancona, per poi entrare nell’Appennino e proseguire verso Roma, non suscitò particolari entusiasmi. Anzi passò inosservato.

A Roma, Garibaldi subì il degrado da generale a colonnello. La solita storia di un Garibaldi invitato a Roma per la pressione del popolo, ma ben presto, generale degradato a tenente colonnello di una legione che rassomigliava più ad una banda di selvaggi che a un reggimento di fanteria E Garibaldi con i suoi 400 seguaci fece rotta verso Macerata, attraverso l’Umbria. Garibaldi e i suoi compagni, molti di loro in manica di camicia, attraversarono il passo di Colfiorito, dormirono sulla paglia a Serravalle di Chienti, mentre a Tolentino furono ospitati in diversi edifici ed il colonnello Garibaldi nella casa del conte Gentiloni-Silveri, (antenato dell’attuale ministro delle Comunicazioni.). Ed in quella casa, anche per il cattivo tempo, Garibaldi passò la notte di Capodanno, brindando alle fortune della Repubblica di Roma e alla disfatta del potere temporale di papa Pio IX. E verso mezzogiorno, del primo dell’anno 1849, la legione garibaldina, insieme al suo colonnello comandante, giungeva a Macerata, dove Garibaldi insieme ai legionari, parteciparono alle votazioni per l’Assemblea Costituente, riuscendo ad essere eletto deputato.

A ringraziamento della collaborazione prestata dai maceratesi alla formazione della legione, Garibaldi promise di dedicare a Macerata il primo fatto d’arme, che avvenne il 30 aprile sul Gianicolo a Roma, nella battaglia di Porta San Pancrazio, contro i francesi.

La legione varcava gli appennini per raggiungere Rieti e Garibaldi accompagnato da Bixio, dal capitano Gaetano Sacchi, dal fido moro Aguyar, ne approfittava per dare uno sguardo al confine napoletano. Quel Regno delle due Sicilie che aveva dato ospitalità a papa Pio IX fuggito da Roma, dopo l’omicidio del primo ministro Pellegrino Rossi. E per non fare capire al Mazzini le vere intenzioni, la separazione di Garibaldi dalla legione avvenne a Macerata il 23 gennaio 1849, quando il governo di Roma fu informato dettagliatamente della partenza per direzioni opposte: della legione verso gli appennini e dell’eroe verso il Piceno. 

Giuseppe Garibaldi ritorna nelle Marche dopo la sfortunata difesa della Repubblica Romana. All’eroe dei Due Mondi, dopo la lotta impari con i Francesi, non resta che riprendere l’idea di correre in aiuto di Venezia. 

Garibaldi, pertanto rientra nelle Marche valicando il novello Passo di Bocca Tra baria, il quale essendo di nuova realizzazione non era ancora stato segnato nelle mappe militari e quindi non era controllato dagli Austriaci.

Il Generale, dopo aver ricevuto il benvenuto dal prete di Lamoli e dopo aver fatto una breve sosta a Borgo Pace, alle 8 del mattino del 28 luglio 1849 si fermò nei pressi di Mercatello sul Metauro ( L’antica Pieve d’Ico).

Appena giunto a S. Angelo in Vado, Garibaldi cercò fuori del paese un luogo aperto per farvi accampare la Legione e fece bivaccare la truppa fuori S. Angelo, lungo la strada che porta ad Urbania tra il piano e il colle di Ca’Rinalduccio, vicino al Monte Frondoso, in modo da sbarrare il passo agli Austriaci.

Ma le avanguardie austriache riuscirono a raggiungere, nei pressi di S. Giovanni in Petra, la retroguardia garibaldina che dovette sacrificarsi sul posto per permettere al Generale, Anita e il grosso della Legione di arrivare, senza danni, nella serata a Macerata Feltria.

Non restava altra salvezza che San Marino Stato sovrano ed indipendente.

Dopo aver fatto celebrare tre Messe per Anita tanto sofferente dai Cappuccini di Pietrarubbia e condotto vittoriosamente l’ultimo scontro con gli Austriaci, sul monte Tassona, appariva agli stremati legionari la sagoma inconfondibile della Repubblica di San Marino, dove saranno accolti da esuli e dove davanti al convento dei Cappuccini Garibaldi sciolse quella Legione che era stata formata a Macerata. 

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