Il Parà MAVM Giacomo Leti di Civitanova M. (Mc)
di Claudio Bernacchia
Giacomo Leti nasce a Portocivitanova il 2 ottobre 1922, pochi giorni prima della marcia su Roma, nel momento in cui il Fascismo, dopo un periodo drammatico di scontri e turbolenze sociali, si prepara ad assumere il potere nel nostro paese. Tutta la sua breve esistenza, salvo l’epilogo, che lo conduce ad una morte drammatica, si sviluppa quindi nel ventennio fascista. Figlio della lupa, balilla…, Giacomo percorre, come tutti i bambini di quegli anni, le diverse fasi dell’educazione fascista. Il regime, con impegno e notevole dispendio di risorse, cerca in ogni modo di sviluppare le attitudini militaresche della gioventù italiana.
Quando l’Italia entra in guerra nel giugno 1940, Giacomo non ha ancora diciotto anni e frequenta il corso premilitare con la sua
classe di leva. Non è difficile immaginare l’entusiasmo di questi giovani ragazzi che la guerra rende immediatamente protagonisti delle vicende che dovranno cambiare il mondo, come promette il
Duce. Il corso premilitare frequentato da Giacomo è per marconisti. Tra circuiti elettrici e tasti telegrafici nasce in lui uno dei sogni che caratterizza la sua breve esistenza: quello di
diventare marconista.
Arruolato, nel novembre del 1941, viene inviato in un reparto del Genio che opera in Albania. Ben presto però ritorna in Italia per frequentare il corso da
radiotelegrafista e prendere il brevetto da marconista militare. A Roma, mentre completa il corso, nella primavera del 1942, viene a conoscenza della possibilità di arruolarsi volontario tra i
paracadutisti. Il ragazzo ama l’azione ed il rischio ad essa connesso e non esita a tuffarsi in questa nuova avventura. Con altri giovani frequenta il corso da paracadutista alla scuola militare
di Tarquinia e diviene paracadutista marconista. Viene assegnato all’XI Btg.del 185° Rgt. della Divisione Nembo. Il suo reparto viene impiegato, nei primi mesi del 1943, in Slovenia contro i
partigiani Jugoslavi. Proprio in questa esperienza i paracadutisti imparano a combattere in un modo nuovo, in operazioni che oggi definiremo di controguerriglia. In piccoli gruppi, muniti di
radio trasmittente, si muovono nel territorio controllato dai partigiani, realizzando compiti di sabotaggio ed organizzando imboscate. Questa esperienza sul campo, si rivelerà particolarmente
utile per i paracadutisti, nella successiva guerra di liberazione in cui si troveranno ad operare in pattuglie nel territorio controllato dai tedeschi. Concluso con successo, nel mese di giugno
del 1943, il ciclo di operazioni in Slovenia i paracadutisti ritornano alla loro base di Rovezzano. Intanto la situazione militare italiana diventa ogni giorno più drammatica. La guerra in Nord
Africa si conclude con un’amara sconfitta e la resa dei reparti italo tedeschi. Nel mese di luglio gli alleati sbarcano in Sicilia e il regime Fascista, di fronte alla imminente sconfitta
militare, crolla come un castello di carte. Il 25 luglio un colpo di stato organizzato dal Re e dai gerarchi fascisti conduce Mussolini, che non offre una grande resistenza, a dimettersi ed
accettare di essere arrestato.
I paracadutisti del 185° Rgt. proprio in quei giorni sono impegnati in Sicilia, con altri reparti del regio esercito, nel tentativo a contenere l’invasione alleata.
La strategia dei tedeschi, che nel frattempo hanno assunto il controllo assoluto del fronte italiano, non prevede il dispendio di risorse nella difesa dell’isola e i reparti dell’Asse,
ordinatamente, si ritirano. L’avanzata alleata sarà bloccata nel punto più stretto della penisola, appena 180 Km. dal mar Tirreno nei pressi di Monte Cassino fino ad Ortona sull’Adriatico. Si
tratta della famosa linea Gustav che i tedeschi fortificano potentemente. La ritirata tedesca verso la linea Gustav è ordinata. I reparti del Regio Esercito invece si sfaldano rapidamente. Solo i
paracadutisti rimangono uniti e si ritirano compatti a ranghi completi. Proprio durante la ritirata sui rilievi della Calabria, arriva l’8 settembre giorno in cui il governo Badoglio, con
un’operazione maldestra, si arrende agli alleati, cercando di mascherare la resa incondizionata come un armistizio. Molti soldati italiani, di fronte al dissolvimento della catena di comando
dell’Esercito, abbandonano la divisa e, vestiti abiti civili, tornano a casa, come magistralmente racconta il film di Luigi Comencini del 1960, con protagonista Alberto Sordi, “Tutti a casa”. I
paracadutisti invece non gettano alle ortiche la divisa ma di fronte al precipitare degli eventi si dividono: Il III Btg. decide di mantenersi fedele all’alleanza con i tedeschi e prosegue con
loro la ritirata verso nord. L’XI Btg., a cui appartiene Giacomo Leti, sceglie invece di mantenersi fedele al giuramento prestato al Re, e smettendo di ritirarsi si ferma a sud della linea Gustav
in attesa che il governo Badoglio emani opportune disposizioni.
Un Ufficiale dei paracadutisti, il capitano Francesco Gay del III Btg., durante la ritirata verso Nord, prende una decisione diversa ed inaspettata. Deluso dal
comportamento dei comandi del Regio Esercito, ritiene che per combattere efficacemente contro i tedeschi sia necessario schierarsi a fianco degli alleati. Con lui si schiera inizialmente appena
una decina di paracadutisti. Gli alleati, all’inizio, con una certa riluttanza, accettano di utilizzare questi soldati italiani in azioni di pattugliamento nel territorio controllato dai
tedeschi. Successivamente, vista l’efficacia di questo reparto e l’alto rischio delle missioni che portano a termine, sono di buon grado disposti ad inviarlo in missioni esplorative e ne
permettono, nel dicembre 1943, addirittura l’ampliamento. Il capitano Gay si reca in cerca di volontari per trovare volontari per il suo reparto negli acquartieramenti dei paracadutisti che
attendono ancora indicazioni operative dal Comando del Regio Esercito. Giacomo Leti accetta di offrirsi volontario nel reparto del capitano Francesco Gay. Con lui, un altro centinaio di
paracadutisti va ad ingrossare le fila del reparto che assume il nome di Squadrone da Ricognizione Folgore.
La scelta di Giacomo è attenta e meditata. I paracadutisti, inizialmente, seguono in massa le scelte dei propri ufficiali, poi, mano a mano, ognuno compie le sue
scelte personali.
Con il suo reparto Giacomo Leti risale, a fianco degli alleati, la penisola italiana. Lo squadrone compie tutta una serie di pattugliamenti in territorio nemico
mettendo continuamente a rischio la propria vita. Gli alleati, non appena sospettano che in dato paese siano annidati i tedeschi, per limitare il numero delle loro perdite umane, utilizzano il
bombardamento aereo o di artiglieria per aprirsi la strada. In questo modo interi paesi vengono annientati. Lo squadrone F, inviando i propri uomini in avanscoperta, affronta le retroguardie
tedesche e allontanandole evita i bombardamenti.
Un tragico destino attende il giovane paracadutista civitanovese, nel febbraio 1945 nella Val Senio sulla linea Gotica. Lo squadrone F è schierato sulla vena del
Gesso e fronteggia alcuni reparti tedeschi che dall’alto di un ripido costone controllano tutta la zona sottostante. Intorno alla fine del mese giunge voce ai comandi Inglesi che i tedeschi
abbiano abbandonato le loro posizioni, ritirandosi verso Nord ed abbiano mantenuto sul costone soltanto poche truppe di retroguardia. Per verificare la situazione, viene stabilito di lanciare un
attacco alle linee tedesche per saggiarne la consistenza. Nella notte del 25 febbraio, alcune pattuglie dello squadrone, tra la neve abbondante che ricopre il terreno, attraversano i campi minati
e risalgono il costone della Vena del Gesso. L’attacco viene condotto verso il comando tedesco di Sassatello, situato alcuni chilometri dietro le linee. Nello stesso tempo un’altra pattuglia di
cui fa parte come marconista Giacomo Leti attacca, a scopo diversivo, le postazioni tedesche di Sasso Letroso, in prossimità della chiesetta di San Benedetto, per attirare le forze tedesche.
L’attacco ha successo e il comando tedesco di Sassatello viene distrutto. Il contrattacco dei tedeschi, che non si sono affatto ritirati, verso la Chiesetta di Sasso Letroso è vigoroso e Giacomo
Leti viene colpito da un proiettile alla fronte e muore sul colpo. Al comando dello squadrone a Casola Valsenio giunge dalla radio di Giacomo un gemito e poi più nulla, il silenzio. I compagni
mentre si ritirano, a termine dello scontro,cercano di riportare indietro il corpo del loro commilitone ma di fronte al furore del contrattacco tedesco sono costretti, dopo averlo nascosto in un
anfratto, ad abbandonarlo. Termina così, in questa azione di duro combattimento, ad appena 22 anni, la vita di Giacomo Leti che verrà decorato con La Medaglia D’Argento al valor Militare. La
pubblicazione del mio libro sulla vita del giovane paracadutista del giugno 2020 ha dato vita a tutta una serie di relazioni che stanno producendo nuove informazioni e dettagli inediti sulla
morte di Giacomo. In particolare ho avuto modo di potermi confrontare con Daniel Battistella, autore di un libro fondamentale sulle vicende dello Squadrone “F” ( DANIEL BATTISTELLA, Squadrone
“Folgore” 1943-1945, Mursia ,2015). Battistella ha avuto l’opportunità, durante la preparazione del suo libro, di intervistare alcuni paracadutisti dello
Squadrone ancora viventi e dalla testimonianza di uno di essi in particolare, che gentilmente mi ha messo a disposizione, emergono alcuni aspetti relativi alla morte di Giacomo Leti che
potrebbero gettare nuova luce sulla vicenda. Non appena i necessari approfondimenti saranno completati ne daremo notizia.
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare