LAMBERTO DURANTI di Sergio Sparapani
Ancona a Lamberto Duranti ha dedicato una via, al quartiere Adriatico, ma quanti concittadini conoscono la sua straordinaria vicenda? Quando ancora l'Italia non era entrata in guerra Duranti, nato ad Ancona nel 1890, era già morto per mano tedesca sul fronte francese un secolo orsono, il 5 gennaio 1915. Partito volontario nella Legione Garibaldina per combattere a fianco dei francesi, fu colpito al cuore, nella foresta delle Argonne, primo giornalista a morire durante la Grande guerra. Patriota e di fede repubblicana, Duranti collaborò con varie testate. Fu anche segretario di organizzazioni operaie e politiche e segretario della federazione repubblicana di Perugia.
Una vita piena di peripezie la sua. Nel 1908 partì per prestare soccorso a Messina dopo il terremoto. Fu volontario garibaldino nel 1911 in Albania e durante la guerra greco-turca nel 1912. Sembra che nella battaglia di Driskos nel 1912 abbia ottenuto una medaglia al valor militare oltre ai gradi di tenente, ma all'Istituto del Nastro azzurro ciò non risulta. Il suo impegno pro Albania, allora sotto occupazione turca, proseguì con una tentativo di spedizione in favore degli insorti che non ebbe successo perché impedito dalla Triplice alleanza.
Al suo ritorno in Italia, dopo una nuova spedizione stavolta in Grecia, s'impegnò nella zona di Cervia e Ravenna nelle lotte sociali e politiche tra socialisti massimalisti e repubblicani. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, nel 1914, si arruolò in Francia nel Corpo volontari italiani garibaldini operante nella regione francese delle Argonne, dove erano arruolati anche alcuni nipoti di Garibaldi, due dei quali, Bruno e Costante, entrambi figli di Ricciotti, morirono eroicamente.
La Legione fu una creazione di Peppino Garibaldi e, sulla scia delle imprese risorgimentali non poteva che combattere i tedeschi. Formata da circa duemila uomini subì perdite durissime prima di essere disciolta in coincidenza con l'ingresso in guerra del Regno d'Italia. Tenente del 4° Reggimento della Legione, Duranti morì a La Harazee, non lontano da Verdun, lo stesso giorno in cui perse la vita Costante Garibaldi, nipote dell'eroe dei due mondi.
Il giornalista dorico affidò al suo taccuino un drammatico messaggio sulla guerra e sul destino di una generazione: «Ciascuno è pronto a compiere il sacrificio della propria vita pur di scrivere quest'altra fulgida pagina del garibaldinismo…alla baionetta per attaccare una trincea tedesca distante venti-trenta metri dalla francese, senza aver modo di passare. Sarà un massacro…io sarò il primo, se comandato, ad avanzare».
In una sua lettera datata 1° gennaio 1915 (quattro giorni prima di morire), così descrisse lo svolgersi della battaglia del 26 dicembre 1914: «Ci siamo battuti da veri leoni. Sono veramente vivo per miracolo. Il Diavolo non m' ha voluto con sé. Abbiamo combattuto per due ore sotto un turbinio di fuoco ... Presto riattaccheremo: forse domenica. Sarò ancora fortunato? Ci credo poco ma... avanti! C'è gloria per tutti qui e bisogna conquistarsela. I tedeschi hanno veduto come sappiamo batterci: lo vedranno ancora perdio! Abbiamo sposato la santa causa francese e per essa daremo l'ultima stilla di sangue; italianamente».
Camillo Marabini, grande amico di Duranti, riportò le sue ultime parole prima di morire dopo essere uscito dalla trincea: «Venite a vedere come muore un garibaldino!». La notizia della sua morte fu riportata nella prima pagina de Il Messaggero del 7 gennaio 1915. Il rientro in Italia della salma in treno prima fino a Torino, poi a Genova, Roma, e quindi ad Ancona, commosse l'Italia.
Ancona accolse il suo figlio con solenni funerali e il lutto cittadino. Tutti i negozi chiusero i battenti. Alle esequie parteciparono il console di Francia e il pubblicista forlivese Pietro Nenni, futuro segretario del Partito socialista, all'epoca repubblicano.